Gli appunti, sufficienti per preparare le prove intercorso proposte, sono completi, divisi in paragrafi ed evidenziati, riguardanti le fonti del Diritto Internazionale (consuetudini, trattati, codificazione, riserve, invalidità, estinzione) e gli effetti di questo sulle pari, sui terzi e nell'ordinamento italiano.
Gli appunti iniziano approfondendo i caratteri fondamentali del diritto internazionale, distinguendolo dagli altri diritti e specificando i soggetti interessati, che non sono soltanto gli stati. Seguono approfondendo le fonti del diritto internazionale, analizzando non solo la fase di formazione ma anche tutti gli effetti di ognuna. Due paragrafi sono dedicati allo studio dell'Articolo 38 Statuto CIG, cardine del diritto internazionale, e all'adattamento dell'ordinamento italiano al sistema internazionale.
Non sono tralasciati la soggettività e la responsabilità internazionali, nonché la soluzione delle controversie internazionali.
DIRITTO
INTERNAZIONALE
Appunti di Manuela Gammieri
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
Facoltà: Scienze Politiche
Corso di Laurea in Relazioni Internazionali
Esame: Diritto Internazionale
Docente: Raffaele Cadin
A.A. 2022/2023
Tesi
online
A P P U N T I
Tesionline
CARATTERI FONDAMENTALI
Il carattere archetipo del diritto internazionale, diritto della comunità, è quello di regolare i
comportamenti degli enti sovrani, quale ordinamento paritario e anarchico, non istituzionalizzato.
Non esiste un potere centrale superiore ai soggetti, diverso dai soggetti che lo compongono.
Il parlamento (organo legislativo) alla quale i consociati hanno dato il potere di stabilire le regole
che verranno seguite in quel determinato ordinamento. Se leggi creano diritti e obblighi per tutti i
consociati, nel diritto internazionale, invece, non esiste un parlamento globale e le sue leggi sono
semplici raccomandazioni internazionali, che gli stati membri possono decidere di seguire o meno
(non hanno l'obbligo di conformarsi agli atti dell'Assemblea Generale). A livello internazionale non
esiste un potere legislativo.
Nell'ambito di un ordinamento anarchico, come quello internazionale, le fonti del diritto sono
• Consuetudine: comportamenti uniformi che vengono posti in essere per secoli, e questa
pratica continua degli stati determina il sorgere di un sentimento circa l'obbligatorietà
giuridica di tali comportamenti. L'elemento psicologico è detto opinio iuris (sentimento del
diritto) che si crea all'interno della coscienza giuridica degli stati. La nascita della
consuetudine, di norme non imposte dall'alto, ma dalla società, è un processo complesso
anche da rilevare: il giurista (interprete) che deve confermare l'esistenza di una
consuetudine, deve immedesimare la propria coscienza giuridica in quella della comunità
internazionale, a prescindere dai loro interessi. L'attività dimostra come quello
internazionale non sia un diritto primitivo, ma particolare, che comprende competenze
2proprie del diritto internazionale. Qualche volta definito come international Common Law
(diritto che ha applicazione generale salvo il caso in cui esista una legge specifica prevista
dal parlamento), in quanto non è diritto positivo, ma che nasce dal basso, dai
comportamenti sociali. Il diritto inglese è per alcuni aspetti molto simile al diritto
internazionale. È il diritto consuetudinario che ha applicazione generale ed universale:
diritto della coscienza, giacché la consuetudine è un fatto di diritto che dipende dal
sentimento giuridico che prova uno stato circa la doverosità giuridica di un determinato
comportamento. Il meccanismo che porta uno stato a conformarsi al diritto
consuetudinario non è un atto di volontà, ma necessità che si pone.
Non sempre accade: come effettivamente si comportano gli stati? E' importante trattare di
Realpolitik: a dominare saranno gli interessi personali degli stati, che però cercheranno
sempre di giustificare il loro comportamento antigiuridico in termini di rispetto del diritto
internazionale. Il nostro punto di riferimento è il rispetto delle norme e dei principi
internazionali, che sono standard: dobbiamo pretendere l'applicazione del diritto
internazionale da parte di tutti gli stati (≠ effetto boomerang).
• Accordi internazionali: diritto della volontà per cui gli stati per regolare loro interessi
particolari (diritto particolare che vige solo per gli stati che hanno espresso la volontà di
obbligarsi ai contenuti trattati) decidono di stipulare un accordo. È diritto volontario,
consensuale, che si basa sul consenso a vincolarsi. A prevalere in caso di conflitto è il diritto
della volontà. Il diritto pattizio, in quanto generale, prevale sul diritto generale. Ma la
deroga al diritto consuetudinario prevista dal diritto internazionale è valida solo per gli stati
vincolati (parti dell'accordo) e non per tutti. Da ricordare anche il momento in cui è nato
l'accordo. Esiste l'importante eccezione del ius cogens (diritto cogente), imperativo, che
prevale in ogni caso sul diritto della volontà: diritto che non può essere derogato in
qualsiasi eccezione. È affetta da una causa di invalidità assoluta la norma che si pone in
contrasto con il diritto cogente; non potrà mai trovare applicazione.
Attraverso questi processi esistono delle norme che gli stati devono seguire: diritto primario, che
indica ai soggetti, gli stati, quale dovrebbe essere il proprio comportamento. Tali norme nascono
in collaborazione con gli stati. Questo spiega la limitata effettività del diritto internazionale: sono
gli stati a dover applicare le norme che hanno contribuito a formare. Non esiste un potere che
imponga il rispetto di queste norme: carattere anorganico del diritto internazionale, per cui non
esiste un governo centrale. In caso di violazione del diritto internazionale, saranno gli stessi
soggetti attraverso il meccanismo di autotutela a far rispettare tale norma violata. Lo stato vittima
può cercare di imporre allo stato offensore la norma di diritto internazionale tramite
comportamenti che seppur antigiuridiche sono giustificate come reazioni all'illecito ricevuto. Sono
le grandi potenze che possono imporre ai piccoli paesi il diritto internazionale, ma non può
avvenire il contrario: situazione ingiusta. La Commissione ha codificato l'istituto dell'autotutela
(2001) dopo lo scontro di due idee:
1. l'autotutela non è riconducibile ad un ordinamento giuridico in quanto tutela una minoranza
forte
2. l'autotutela esiste ed è praticata da secoli e non codificare il meccanismo avrebbe costituito un
problema, giacché la prassi non sarebbe stata oggetto della commissione; meglio cercare di
limitare la possibilità per gli stati di ricorrere all'autotutela, evitando che crei abusi in favore degli
stati più forti.
Esistono limiti sostanziali, per cui le misure devono essere
3-pacifiche (l'uso della forza nel diritto internazionale contemporaneo è ammesso solo nel caso di
legittima difesa, quindi uno stato vittima di un attacco armato. Anche qui lo stato aggredito può
chiedere agli altri stati di essere aiutato dagli altri stati nella difesa; parliamo di legittima difesa
collettiva [art.51 Carta delle Nazioni Unite]),
-proporzionate al danno subito,
-non contrarie al diritto cogente,
-non devono comportare violazioni alle norme dell'umanità
E limiti formali:
-solo se non esiste un giudice o un arbitro internazionale che può risolvere una controversia
giuridica nascente da un fatto illecito, si può ricorrere all'autotutela
Esistono forme di responsabilità aggravata che prevede che nel caso di commissione di crimini
internazionali (guerre, genocidi, stermini), siano tutti gli stati a potersi considerare vittime
dell'illecito e dunque a poter ricorrere a contromisure di autotutela. Esiste una garanzia collettiva
basata sulla responsabilità erga omnes. Lo stato aggressore (responsabile nei confronti di tutti gli
stati) deve garantire la non reiterazione del fatto illecito.
Parliamo di norme secondarie quando viene commesso un fatto illecito, quali sono le
conseguenze e le procedure che gli stati possono utilizzare per reintegrare le norme che sono
state violate. Anche il sistema della responsabilità internazionale è atipico, in quanto oggettiva
ma relativa. Per constatare l'esistenza di un fatto illecito (comportamento antigiuridico in
violazione di una norma internazionale) non bisogna dimostrare la colpa. La colpa non è un
elemento costitutivo del fatto illecito. Ne consegue la responsabilità internazionale allo stato che
ha commesso il comportamento antigiuridico. Nell'ordinamento internazionale manca un organo
esecutivo dotato di potere coercitivo nei confronti degli stati che possa svolgere le indagini volte
ad accertare una eventuale colpa (in nessuna delle declinazioni, quindi negligenza, intenzionalità,
dolo). Prevale la presunzione per cui se c'è stato un comportamento antigiuridico da parte di uno
stato, questo determina un fatto illecito internazionale e ne consegue la responsabilità. Ha
carattere relativo, perché lo stato accusato potrà difendersi adducendo delle circostanze di
esclusione dell'illiceità del fatto. Questo sistema è basato sull'inversione dell'onere della prova: è
lo stato accusato che può dimostrare la propria innocenza.
Quando parliamo di crimini internazionali (mala in sé), questi esistono solo se viene dimostrato il
dolo da parte dello stato. Si tratta di responsabilità per colpa grave, facendo riferimento al dolo.
Chi ha il potere di accertare l'esistenza di un fatto illecito e determinarne le conseguenze? Nel
diritto internazionale non esiste un giudice competente a risolvere qualsiasi tipo di controversia
nascente (diverso dall’ art.24 Costituzione italiana). Le funzioni arbitrale e giurisdizionale hanno
sempre natura consensuale e mai volontaria. Comprendere come la funzione giurisdizionale
(accertamento del vizio e conseguenze nel caso di violazione) in senso lato ha natura volontaria e
non necessaria. Questo problema strutturale viene risolto tramite alcuni istituti che cercano di
facilitare la nascita del consenso idoneo a dare la competenza ad un giudice o ad un arbitro
internazionale.
1. Compromesso ad hoc
Le parti della controversia successivamente alla nascita della controversia si accordano per
individuare un giudice internazionale, oppure per rivolgersi ad una figura internazionale già
istituita, la corte internazionale di giustizia (Aia, composta da 15 giudici eletti ogni 9 anni,
articolata in consiglio di sicurezza e assemblea generale)
Esempio: Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca competenza a decidere sulla riva del Danubio alla
Corte internazionale.
42. Clausola compromissoria
Gli accordi internazionali (unilaterali o multilaterali) la prevedono la disposizione, per cui nel caso
in cui nasca una controversia giuridica nella interpretazione e applicazione del presente trattato,
tale controversia potrà essere deperita alla corte internazionale di giustizia o a seconda dei casi un
arbitro internazionale. Svolge la funzione di stabilire un consenso in maniera preventiva: quando
gli stati esprimono il consenso a vincolarsi nell'accordo, danno il consenso che qualsiasi
controversia nascente possa essere deperita dalla figura prescelta. E' un meccanismo intelligente
ma che ha un'applicazione limitata perché riguarda le controverse nascenti solo da quel
determinato trattato.
Esempio: 1984 convenzione sulla tortura, clausola per risolvere il caso Regeni (accordo Italia-
Egitto, solo dopo un anno di trattative diplomatiche può rivolgersi alla Corte internazionale per
avere giustizia)
Esempio: 1948 convenzione sulla prevenzione del crimine di giustizia (controversia Russia-Ucraina,
la prima convocava il fatto che l'Ucraina avesse perpetrato il genocidio del Donbass per continuare
l'azione armata).
3. Dichiarazione facoltativa di accettazione della competenza obbligatoria della Corte
Internazionale di Giustizia a condizione di reciprocità
-art.36, paragrafo 2 Statuto della Corte, allegato alla Carta delle Nazioni Unite - qualsiasi stato
membro è automaticamente parte dello Statuto della Corte, così che questa possa risolvere una
controversia che lo riguarda; è una conditio sine qua non, ma non sufficiente. Deve esserci anche
un titolo giurisdizionale basato sul consenso delle parti.
Uno Stato può o meno fare la dichiarazione; nel caso accetta che la Corte sia competente a
risolvere tutte le controversie che lo riguardano, purché la controparte abbia fatto una
dichiarazione. La reciprocità non è intesa solo in senso formale (dichiarazione da entrambe le
parti), ma è sostanziale, perché gli Stati possono apporre alla dichiarazione delle riserve:
• specificare il tempo di validità della dichiarazione (riserva ratione temporis),
• prevedere ambiti specifici (riserva ratione materiae),
• far riferimento agli stati per cui vale la dichiarazione di accettazione (riserva ratione
personae)
Esempio: Stati Uniti condannati dalla Corte del Nicaragua, nel 1979. Per cui si bloccò il processo
decisionale del Consiglio vista l'opposizione degli Stati Uniti.
La Corte ha anche funzione consultiva: può dare dei pareri, vincolanti quando richiesto.
A richiedere questi pareri possono essere:
• Assemblea generale,
• Consiglio di sicurezza,
• Organi principali delle Nazioni Unite autorizzate dall'assemblea,
Non possono richiedere un parere:
• il segretario delle Nazioni Unite,
• le organizzazioni internazionali
DOTTRINE INTERPRETATIVE E PIRAMIDE KELSENIANA
Dottrina sociale del Diritto Internazionale
Il diritto internazionale ha natura sociale, nasce dal basso; in particolare quello generale, è diritto
che nasce spontaneamente dalla ripetizione nel tempo di determinati comportamenti posti in
essere da soggetti internazionali. Con il tempo, questi comportamenti diventano doverosi anche
giuridicamente: alla necessità sociale si associa l’opinio iuris (coscienza giuridica internazionale).
5Il diritto internazionale non nasce come tale, ma la norma diventa giuridica tramite un percorso
formativo che inizia da un comportamento sociale strettamente necessario per mantenere
relazioni con altri soggetti internazionali: si tratta di comportamenti sociali indotti da necessità
sociali; la pratica si diffonde a livello internazionale perché è socialmente necessaria. Si crea
progressivamente questa coscienza giuridica della doverosità, obbligatorietà, tipica di quel
comportamento, fino alla disposizione della norma giuridica generale.
La norma non deriva da una fonte. Il diritto internazionale non è dunque diritto positivo.
Dottrina normativa del Diritto Internazionale
Secondo le dottrine normative, il diritto internazionale, al pari di tutti gli ordinamenti, dovrebbe
essere fondato in senso formale, attraverso un discorso che parte dall’alto.
Kelsen, all’inizio del ‘900. ne è il portatore principale.
Questa teoria pura del diritto, prevede che tutte le norme internazionali debbano avere un
fondamento giuridico, da cercare in una fonte sovraordinata rispetto all'ordinamento stesso.
La piramide delle fonti di Kelsen
All’apice superiore, la norma base dell’ordinamento internazionale: l’unica norma
nell’ordinamento internazionale che non necessita di un fondamento giuridico, è un postulato
(non esiste una norma superiore che ne spieghi la giuridicità). La norma base è "consuetudo est
servanda".
Kelsen ha elaborato questa teoria facendo riferimento a qualsiasi ordinamento giuridico, quelli
interni e quello internazionale.
Si trovava in un contesto sociopolitico particolare: si affermava il regime nazista e si tendeva ad
avere una concezione volontaristica del diritto internazionale. Si aveva difficoltà ad accettare che
la consuetudine internazionale si imponesse sugli stati. Si cercava una base consensuale anche nel
diritto internazionale. Kelsen non aveva studiato il diritto internazionale, e commise questo errore
nelle sue opere giovanili, riconoscendolo come errore più tardi. Affermerà che il diritto
internazionale deve essere rispettato dagli stati.
Quella base, è una norma sulla produzione giuridica, dalla quale derivano la propria giuridicità le
norme consuetudinarie.
La consuetudine si trova al primo posto nella piramide kelseniana delle fonti.
Tra le consuetudini c’è una norma secondo la quale "pacta sunt servanda": vi dipende la
giuridicità di tutti gli accordi internazionali, che rappresentano il secondo piano della piramide.
Troviamo poi delle norme sulla produzione giuridica: gli statuti delle organizzazioni internazionali
possono prevedere al loro interno delle norme, fonti di terzo grado, dalle quali derivano obblighi
giuridici per le parti dell’accordo, in particolare gli stati membri.
Esempio: art.41 Carta delle Nazioni Unite: a sua volta è una fonte di obblighi giuridici.
Attraverso questo sistema normativo della piramide, concludiamo che tutte le norme giuridiche
internazionali, sono giuridicamente obbligatorie nell’ambito dell’ordinamento internazionale,
perché derivano la loro giuridicità dalla norma base.
Kelsen ha usato questa teoria normativa anche per spiegare la giuridicità degli ordinamenti
nazionali: dalla costituzione derivano la loro giuridicità tutte le norme dell’ordinamento.
Secondo Kelsen il mondo giuridico era unitario, non erano ammesse differenze tra ordinamenti
internazionali e generali. Tutte le norme giuridiche, a prescindere dall’ordinamento, dovevano
trovare la loro giuridicità nella norma base (visione monista). Si poneva il problema se la norma
base fosse fondamento dell’ordinamento internazionale o contenuta negli ordinamenti
internazionali.
6Il suo monismo poteva essere interpretato in senso nazionalista, ma sotto il profilo
eminentemente giuridico era ipotizzabile un sistema in cui la prevalenza sotto il profilo formale
fosse assegnata al diritto internazionale. Sotto il profilo della teoria pura del diritto, per Kelsen, le
due interpretazioni avevano la stessa valenza. Aggiungeva che sotto il profilo politico preferiva la
visione internazionalista: garantisce maggiormente alcuni valori fondamentali (pace, solidarietà
internazionale…).
Il diritto internazionale si volge non soltanto agli stati, ma anche agli individui, penetrando la
barriera della sovranità statale in una soluzione di continuità, con una logica monista (che è
kelseniana). Il fenomeno giuridico è unitario, per il potere che ha il diritto internazionale di
rivolgersi agli individui, che devono rispettare anche i comandi internazionali.
Nel caso in cui il nostro comportamento non si conformasse, esiste una sanzione.
La natura delle norme del diritto internazionale generale prevede degli obblighi direttamente in
capo agli individui. Se le norme internazionali sono dirette agli stati o ai soggetti internazionali,
possono avere un impatto sugli individui, attraverso la mediazione dello stato che adatta il proprio
ordinamento agli obblighi internazionali.
L’UE è l’unica organizzazione internazionale che può vincolare sia le persone fisiche (individui) che
le persone giuridiche (imprese) che compongono lo stato membro.
L’approccio è sempre monista, però inter partes: non vale per tutti, ma solo con riferimento
all’Unione Europea, per quei paesi interessati al processo di integrazione europea.
MINACCIA DELL’USO DELLA FORZA
Si parte dal presupposto per cui prima della Seconda Guerra Mondiale gli stati erano liberi sulla
decisione dell’uso della forza: non esisteva una norma internazionale che vietava agli stati di
ricorrere alla guerra per tutelare dei propri interessi.
In alcuni casi preferivano non fare riferimento a questo potere sovrano, ma invocare teorie che
giustificavano nel caso specifico l’uso della forza, come quella della guerra giusta o la legittima
difesa, non perché fosse necessario giuridicamente, ma più opportuno politicamente (realpolitik).
Con la nascita della Società delle Nazioni, nel 1919, nell’ordinamento internazionale si tende a
limitare l’uso della forza attraverso obblighi di natura pattizia (volontariamente assunti dagli stati,
obblighi che non implicavano la nascita di divieti internazionali).
La pace dipendeva dal rispetto del diritto internazionale: approccio quasi contrattualista al divieto
dell’uso della forza. La pace era intesa in senso negativo come mera assenza di conflitto.
Quest’immagine non ha funzionato e a testimoniarlo è il fallimento della Società delle Nazioni.
La nuova ideologia alla base delle Nazioni Unite fa riferimento al concetto di pace positiva: il
problema non è il tentativo di arrivare ad una condizione di assenza di conflitto, ma gli obiettivi
erano di creare nell’ambito di una comunità internazionale, sviluppo economico, principio di
autodeterminazione dei popoli, giustizia, per arrivare a situazioni amichevoli.
Ha avuto conseguenze quali la promozione della cooperazione internazionale o una maggior tutela
dei diritti umani. Di fatto, le finalità di questa pace in senso positivo non erano limitate.
Per la prima volta è previsto un divieto quasi assoluto dell’uso della forza (art.2 Carta ONU).
7La carta prevede un altro articolo, il quale fa riferimento al diritto naturale di ricorrere all’uso della
forza come legittima difesa in caso di attacco armato. È questo attacco a costituirne il
presupposto (eccezione al divieto, altrimenti assoluto, art. 51, Carta ONU).
La legittima difesa sarebbe consentita anche in via preventiva, quando l’attacco armato è soltanto
possibile: Stati Uniti con Bush (teoria della legittima difesa in via preventiva) per giustificare
l’aggressione in Iraq del 2003. Porterebbe ad ostacolare il divieto di minaccia dell’uso della forza.
Caso di imminente utilizzo di missili nucleari (teoria dell’attacco militare non sferrato ma
imminente).
Caso Nicaragua, 1986
Il governo stalinista all'epoca al potere aveva iniziato una serie di riforme di carattere politico e
sociale e questo cambiamento viene accusato dagli Stati Uniti di creare una situazione che
avrebbe condotto al comunismo. Una serie di leggi approvate dagli organi rappresentativi degli
Stati Uniti, prevedevano delle forze paramilitari (denominate) che avrebbero condotto una guerra
civile in Nicaragua proprio per contrastare il governo di comunisti. In particolare, nei confronti
delle popolazioni indigene, gli Stati Uniti si sono macchiati di sangue.
Il Nicaragua si rivolge alla Corte appellandosi alla minaccia e al divieto dell’uso della forza.
La Corte ha affermato che le regolamentazioni contenute nelle Carte in materia, corrisponde al
diritto consuetudinario: divieto quasi assoluto di minaccia e uso della forza, salvo il caso di
legittima difesa. La Corte ha definito il concetto di legittima difesa, invocabile solo in caso di
minaccia di uso della forza; quella collettiva è invocabile solo se c'è stata una richiesta da parte
dello stato aggredito.
La Corte ha rigettato le posizioni degli Stati Uniti:
La Corte ha affermato che non sempre la violazione di tale principio dà vita al diritto di ricorre alla
legittima difesa: differenza tra casi di violazione vera e propria del divieto dell'uso della forza
(attacco armato, militare) da casi di violazioni minore del divieto dell'uso della forza, che non dà
diritto allo stato attaccato di difendersi ricorrendo alla forza. Sul primo ricade una responsabilità,
ma il fatto illecito compiuto non autorizza a rispondere con un ulteriore attacco armato come
legittima difesa.
La Corte ha affermato che mancava, con riferimento alla generalità, il rispetto del principio: non
era sufficiente che gli Stati Uniti avessero organizzato e finanziato …, in quanto mancava il
Gli Stati Uniti sono stati condannati.
ART.38 STATUTO CIG
ART.38 Statuto CIG, allegato alla Carta delle Nazioni Unite: tutti i 196 stati membri sono in maniera
automatica parti dello Statuto della Corte Interazionale di Giustizia. È necessario esserne parti per
poter presentare un ricorso contro un altro stato davanti alla Corte e per essere convenuti di
fronte ad essa. La Corte non può risolvere controversie di quegli stati che non siano membri dello
Statuto CIG.
La Corte Internazionale di giustizia ha due funzioni:
• Funzione contenziosa: risolvere controversie giuridiche tra stati attraverso una sentenza
giuridicamente vincolante. Riguarda solo le controversie tra stati. La Corte non può
giudicare le controversie che riguardano le organizzazioni internazionali, giacché lo statuto
non è stato redatto nel 1945, quando sono nate le organizzazioni, ma negoziato negli anni
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